Professione-Benessere

Giovanni Perretti intervista Indira a Radio607080 - Maggio 2018
A distanza di due anni sono stata di nuovo invitata a parlare di CounselART e di tutte le sue proposte nella trasmissione "Professione Benessere".

Giovanni Perretti, l'intervistatore, è anch'egli un counselor ed è specializzato in Psicosintesi.
È stato piacevole rincontrarlo e raccontare con lui le mie varie specializzazioni.
Parlare con un collega è sempre nutriente: ci si capisce perché si parla la stessa lingua.

Abbiamo parlato di Rebirthing e di Arti Terapia, di Essenza e di Giudice Interiore e, all'inizio, anche del mio romanzo d'esordio Fili di Vetro - il Nero, la Pace.

 

 

Se ti va clicca qua sotto e ascolta l'intervista andata in onda in diretta il 10 maggio e, se pensi possa interessare ai tuoi amici, condividila o invitali ad entrare nel sito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ps: Mi piacerebbe conoscere la tua opinione: ti è piaciuto il mio intervento?
Non essere avaro/a: lascia la tua testimonianza!

La tua opinione è importante per me.

 

La Forza: il Rosso

Nella tradizione Sufi la reale Forza dell'Essere è considerata la mano destra dell’Essenza.

Si chiama Routh che significa Spirito e Gloria e il suo sacro impulso è “IO POSSO”:

insomma: POSSO ESSERE ed esprimermi per ciò che sono!

Come tutte le qualità dell’Essenza, la Forza ha una chiara manifestazione fisica e sentimentale: calore, espansione, sensualità e potenza sono alcuni suoi aspetti conditi da un senso energetico di eccitazione solida e viva.
Nel corpo è percepita principalmente nella parte destra, specialmente sotto al seno, in tutta la zona del sacro, nella colonna vertebrale e, soprattutto, nel perineo e negli organi genitali.

Come sangue, vivo e caldo, scorre nel nostro sistema: un super carburante che attiva il senso di potere personale infondendo la capacità di percorrere le proprie strade e di prendersi il rischio di uscire allo scoperto.
Non per nulla uno dei suoi aspetti principali è il coraggio.

La Forza essenziale non accetta compromessi.

Non contempla il giudizio interiore che tenta di mantenerci piccoli e ”buoni” per essere amati, accettati, visti ecc. ecc.

La reale Forza dell'Essere è sentirsi come leoni, senza limiti, liberi e connessi con se stessi, espansi oltre ogni limite.

Ogni essere umano conosce questo stato, eppure troppo spesso si sminuisce nella convinzione di apparire “troppo” per gli altri e, di conseguenza, di essere in qualche modo escluso.

Il bambino fra i 3 e i 5 anni è pieno di forza e vive con naturalezza questa dimensione:

La sua potenza è visibile in tutto ciò che fa.

Eppure, piano piano, impara a smorzare la propria vitalità e vulcanità perché considerata scomoda o invadente dalla maggior parte degli adulti. 

Hai mai osservato una famiglia moderna al ristorante?

Nel momento in cui il bambino comincia a “rumoreggiare” gli si da in mano il telefono o il tablet azzittendolo all’istante, imbottendolo con immagini assurde di pupazzetti o altro.

Mamma e papà non si curano dei danni, lo fanno “innocentemente” in nome di una quiete momentanea. I vicini di tavolo non li guarderanno infastiditi e la cena con gli amici può proseguire senza intoppi.

Risultato: i “grandi” possono cenare indisturbati, mentre il piccolo è escluso e viaggia in un mondo parallelo e irreale. E’ ammaliato dal filmato dell’occasione, è totale anche in questo!

Contemporaneamente, però, nel suo inconscio si sviluppa il seme di un’idea limitante: “essere vitali non va bene”.

Purtroppo non ci si pensa: questo è un piccolo esempio, e ne potremmo fare moltissimi altri, ma abbandonare un bimbo un tablet non è poi così innocente.

Cosa succede se si susseguono situazioni limitanti come questa o altre?

Il bambino comincia a separarsi dalla propria Essenza sostituendola con qualcosa di simile ma opposto che concorrerà al formarsi di particolari sfaccettature della sua personalità.

Nella qualità che stiamo esplorando, al posto della reale forza dell'Essere - che è l’autentica capacità di esprimere se stesso e i propri bisogni o desideri - comparirà lo sforzo di essere come gli altri desiderano, rinunciando così al proprio potere personale.

Lo sforzo di questa auto-manipolazione crea ansia e tensione fino a sfociare in rabbia:

insomma: RABBIA GRRRRR!

E quando si è arrabbiati è come essere all’interno di un vulcano o in una pentola a pressione pronta ad esplodere… e fa molta paura. Per questo viene castrata fin dall’infanzia.

É difficile arginarla: contiene un carico emozionale di vendetta e di prevaricazione e si teme di perdere il controllo o di diventare violenti fino ad attaccare e ferire qualcuno.

In poche parole è da castrare e da nascondere.

Ecco, quindi, che il bambino si trova a un bivio: rispondere con rabbia alla rabbia repressa rischiando il tutto per tutto, o limitare la propria vitalità diventando apatico, con poca energia e passione, in poche parole diventare “bravo” come vogliono mamma e papà.

“Ma come è bravo quel bambino, hai visto? Così educato e composto, è un piacere stare con lui!”

Aiutoooo!

Mi piacerebbe intervistare quel “bravo” bambino, ma sicuramente mi direbbe che sta benissimo così perché ciò che si è assicurato è il riconoscimento e l’amore di mamma e papà: bisogno principale di sopravvivenza affettiva e fisica.

Aiutoooo per la seconda volta!

Che fare a questo punto, ora che siamo adulti e la nostra vitalità è ormai distorta?

Come ricollegarci alla reale Forza dell'Essere creduta persa?

Prima di tutto lasciami dire che l’Essenza non è mai stata persa: è la nostra percezione che ci spinge a pensarlo.
In realtà è sempre stata con noi e vuole essere riconosciuta.

In questo caso, per esempio, l’Essenza usa la rabbia per dirti: “toc toc, qualcosa non sta funzionando. Dov’è il tuo potere e il tuo coraggio?”.

La rabbia, quindi, è una porta d’entrata per la Forza, la chiave per recuperare il coraggio di essere se stessi.
E’ l’occasione per liberare tutto il carico emozionale di vendetta e di biasimo accumulati, e di riappropriarci del nostro potere che non prevarica nulla e nessuno.

Certo non è facile perché, come ho detto prima, la rabbia fa paura, ma è possibile.

Col giusto sostegno e con la giusta accoglienza possiamo sfruttare la rabbia per ritrovare la nostra forza.

Una volta aperta la ferita del mancato riconoscimento ecco che l’Essenza si manifesta e si espande in tutto il corpo.
Trasforma le emozioni in sentimenti e dona un senso di grandezza infinta:

coraggio, entusiasmo, espansione, energia, potere e molto altro.

Un potere che corrisponde all’espressione “io esisto, io sono la forza” e non “sono forte e potente” come suggerirebbe la personalità incastrata nel bisogno di affermazione.

L’Essenza non ha bisogni: esprime se stessa in tutti i suoi aspetti. Non si cura del giudizio altrui: è auto-referente e accoglie ogni sfida come un esperienza nuova e appagante.

Nel prossimo articolo parlerò della rabbia. Resta in contatto ed esplora insieme a me tutte le sfaccettature dell'Essere.
Se non l'hai ancora fatto scarica i tre video nella sezione "Essenza" per conoscere la differenza fra Personalità e Essenza e molto altro.
Nel frattempo rispondi a questa domanda:

Cosa evoca in te il termine POTERE? Ha a che fare con l'Essere o credi sia sinonimo di ARROGANZA?

Avvia una discussione, lascia il tuo commento.

 

Photo credits: apple by Tama66 - pixabay

Esplora, Crea e Gioisci

Esplora:

Il primo passo verso la tua auto-realizzazione è essere curioso.

Non puoi esplorare nulla se curiosità e piacere di conoscere chi sei non è attivo in te.
Quindi essere curiosi e ricercare il piacere sono in un certo modo sinonimi.

Non dar retta a chi ti dice che la ricerca, o meglio la riscoperta, di te è solo sofferenza: in certi passaggi puoi soffrire perché entrare nei tuoi lati oscuri è doloroso, ma ciò che trovi alla fine del cammino è estasi e felicità pura.

Certo: puoi incontrare ostacoli lungo la tua strada e devi/puoi trovare il modo per poterli superare.
Non sempre è facile: puoi saltare l'ostacolo, aggiralo, passarci sopra, cambiare strada o altro ancora.
In ogni caso devi essere creativa/o.
E quando lo sei puoi decidere la tua strada e godertela ad ogni passo anche quando è difficile e magari sbagli strada, sì perché l'essere che è in te non giudica lo sbaglio come un errore da evitare o da punire; lo integra come parte del processo di crescita ed evoluzione.

La creatività di cui ti sto parlando, quindi, è un aspetto del tuo essere: una condizione naturale e autentica del vivere consapevolmente.

Crea

Curiosità, piacere e creatività sono alcune sfaccettature della qualità essenziale della GIOIA, la qualità che si attiva quando il tuo intento è autentico e aperto all'esperienza.
Ed è interessante osservare che per far affiorare la Gioia si ha "bisogno" di gioia.

Pare un controsenso, vero?
Non è così.

L'Essenza, che a volte dimentichiamo affannati dal fare fare e fare, è sempre lì con noi. E' un po' in sordina ma è lì, al tuo centro. Ogni volta che ne evochi la presenza, lei si manifesta con estrema naturalezza.

Gioisci

Vuoi la gioia?
Comincia ora: attiva la curiosità e il piacere dell'esplorazione e lei si manifesta in un baleno.

Non aspettarti effetti speciali, potrebbero esserci ma non sono così importanti.
La gioia essenziale è sottile, innocente e leggera.
E' uno stato di piacere caldo che si infonde in tutto il tuo corpo investendo le emozioni trasformandole in sentimenti.
La gioia quindi è uno stato dell'essere che trasmuta stati d'animo - come unione, leggerezza, apertura, appartenenza, vitalità, passionalità e altri ancora - in sentimenti come amore, pace, coraggio, fiducia e... gioia.

La gioia porta gioia!
Sperimentare per credere.

Per salutarti ti lascio questa bellissima storia che forse conosci già ma che è bene ricordare:

Autobiografia in Cinque Capitoli

1. Cammino lungo una strada
c’è un buco profondo nel marciapiede ci cado dentro.
Sono perduto... non ho speranza
non è colpa mia.
Ci vuole un’infinità per riuscire ad uscire.

2. Cammino lungo la stessa strada
c’è un buco profondo nel marciapiede
fingo di non vederlo
ci cado dentro di nuovo.
Non ci posso credere che sono di nuovo nello stesso posto ma non è colpa mia.
Ci metto ancora un sacco per uscire.

3. Cammino lungo la stessa strada.
C’è un buco profondo nel marciapiede vedo che è lì.
Ci cado dentro comunque... è un’abitudine.
I miei occhi sono aperti
so dove sono.
E’ colpa mia.
Ne esco immediatamente.

4. Cammino lungo la stessa strada.
C’è un buco profondo nel marciapiede.
Ci giro intorno.

5. Cammino lungo una strada diversa.

Ti sei mai trovata/o in queste situazioni?
Raccontaci!

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Vuoi approfondire?

Nel laboratorio di disegno onirico e psicodramma “Immagino e creo la mia vita” che sto organizzando in autunno 2018 nel mio studio a Villafranca affrontiamo questi temi.

http://www.counselart.it/immagino-creo-la-mia-vita/

Dagli un’occhiata e se ti piace partecipa.
Se abiti distante da Villafranca o da Verona e vuoi organizzarne uno nella tua città o associazione, scrivimi e vediamo cosa si può fare.
Ovviamente se sei lontana non posso venire tutte le settimane: possiamo però organizzare dei laboratori intensivi di una giornata.

Amo tantissimo questo lavoro e lo reputo il primo gradino per la propria evoluzione, quindi mi piacerebbe condividerlo con più persone possibili come contributo mio a un mondo più evoluto e cosciente.

Ciao e buona vita!

 

Photo credits: discovery-space-shuttle by pixabay

Convinzione limitante e Libertà di essere  

La convinzione che la felicità è un sentimento che dura poco è sbagliatissimo. La felicità non sono attimi, ma è una condizione eterna.
Fabio Volo

Cosa limita la nostra felicità?

Tutti aspiriamo alla felicità che, in altre parole, è la libertà di essere noi stessi, cioè il poterci esprimere e agire nel mondo rispetto la nostra individualità; realizzare le proprie potenzialità, i desideri e le aspirazioni, seguendo i principi autentici dell'essere, con dedizione e amorevolezza sia per noi sia per gli altri.

Ma qualcosa non va sempre nel giusto modo. Qualcosa limita la nostra espansione e gioia del vivere.
Cosa?

La convinzione di non essere: abbastanza forte, capace, autorevole...
oppure
la convinzione di essere: debole, fragile, sbagliato, inadeguata, inutile, stupido...

Come vedi sono molte le convinzioni - ti sfido a non averne mai percepita almeno una - e tutte portano a tre tipologie primarie e universali che sono il credere di essere:
- indegni (di ricevere amore per esempio),
- separati dagli altri e più profondamente da noi stessi,
- perfino di non esistere.

Come si creano queste convinzioni?

Diversi studi affermano che nascono con noi all'atto della nascita e ancor prima nel grembo materno, e si cristallizzano nel corso della vita di ognuno.
Il nascituro, e poi il bambino nei primi mesi di vita, è in totale fusione con la madre. Non si sente separato da lei, anzi: crede di essere lei quindi vive ogni sua situazione emozionale come se fosse propria.
Se la mamma è triste, il nascituro si sente triste; se la mamma reputa di non avere abbastanza forza lui crede di non essere capace e così via.
C'è chi ancora non lo ritiene vero ma è così: è questione di chimica.

Le emozioni e gli stati d'animo sono ormoni che si muovono nel sistema con picchi di alta concentrazione e, visto che il nascituro riceve sostanze attraverso il cordone ombelicale, acquisisce anche queste informazioni.
Quindi è auspicabile che la madre sia il più possibile consapevole in tutto il periodo della gravidanza e poi ... per sempre.

Il nascituro, avendo già codificato queste informazioni a livello chimico, all'atto della nascita sviluppa un'idea primaria che lo accompagna per tutta la vita.
Naturalmente, non avendo ancora una personale identità, questa idea rimane e cresce a livello inconscio come un seme pronto a "sbocciare" quando se ne presentano le condizioni.

Facciamo alcuni esempi:
- il parto è difficile e la mamma subisce lacerazioni all'apparato genitale: il bambino percepisce il suo dolore fisico (oltre al proprio) e, reputandosi responsabile, può sviluppare l'idea di essere pericoloso, cattivo, troppo;
- il parto va per lunghe e la mamma in qualche modo resiste alle spinte: il nascituro potrebbe credere di non essere voluto, di non meritare amore, di non essere degno;
- il parto avviene per taglio cesareo: il bambino non deve attraversare il condotto del parto e non è sottoposto a innumerevoli traumi, eppure potrebbe convincersi di non essere capace, di essere debole e fragile e addirittura di non avere abbastanza valore per il semplice fatto di nascere per mano di altri.

Cosa succede poi?

Succede che, crescendo, quel seme matura e si fa strada nella nostra mente inconscia generando ferite profonde che determinano il carattere e la personalità di ognuno.

Ferite come Rifiuto, Abbandono, Indifferenza, Umiliazione, Ingiustizia e Tradimento ci accompagneranno quindi per tutta la vita e, seppur inconsciamente, saranno il luogo interiore in cui sprofondare ogni volta non ci sentiamo adeguati, capaci, riconosciuti e così via.

Diventare consapevoli della specifica convinzione che ci governa permette la nostra reale espansione; la possibilità di riappropriarci del nostro valore e di realizzare lo scopo, la mission (come si usa dire spesso) della nostra vita.

Come farlo.

Prima di tutto rendendoci conto che esistono convinzioni inconsce primarie e che ce n'è una in particolare sempre in agguato.

Secondo: essere consapevoli che questa è una menzogna, ovvero: non è la verità. Tutti noi siamo degni, capaci, all'altezza! Dobbiamo solo crederci.

Terzo: rapportarci a lei in modo autorevole e significativo rompendo la sua costrizione e limitazione.

Quarto: sostituirla con un'idea potenziante, trovando quindi il proprio daimon, ovvero la vocazione o scopo autentico di quella parte più profonda che vive in ognuno e che chiamiamo anima o essenza.
Ritrovare quindi il nostro genio creativo che non ha limiti e non teme il confronto.

Quante volte abbiamo desiderato essere più di qualcosa, più di altri, più di noi stessi?
Qui non bisogna essere di più, ma essere se stessi, unici e irripetibili.

Una volta scovata e sconfitta la nostra convinzione limitante possiamo finalmente agire nel mondo in modo autentico e creativo e, soprattutto, testimoniare con la nostra presenza la possibilità di un nuovo modo di vivere.
I giudizi non avrebbero più senso perché nulla è più giudicabile.
Le esperienze, anche quelle che la ragione definirebbe negative, sarebbero considerate come passi sul cammino della nostra evoluzione e non tacche sul bastone dei nostri fallimenti.
Le relazioni sarebbero più amorevoli e profonde e la percezione di noi sarebbe positiva e luminosa.

Come sarebbe la tua vita senza queste convinzioni limitanti?

Vuoi provare ora?

Trova un ricordo in cui non ti sei sentito/a adeguata o all'altezza.
Prenditi qualche minuto e, portalo alla memoria: forse è una situazione lavorativa in cui un tuo superiore ti ha rimproverata, oppure una situazione familiare in cui non ti sei sentito riconosciuto, oppure ... trova tu una situazione di massima scomodità che hai vissuto veramente.

Immaginala profondamente: tu ora sei in quella situazione.
Ci sono tensioni, pensieri, sensazioni?

Esplora in tutti i tuoi aspetti (mentale, emozionale e fisico).
Quando ti senti totalmente immerso/a in quella sensazione prova a sostituire l'idea limitante con una potenziante: io sono capace, all'altezza, pronta per affrontare la situazione in esame.

Fallo al massimo delle tue capacità.
Tu ora sei nella nuova situazione.

Immagina di poter agire diversamente, sostenere le tue opinioni.
Come ti senti? Qualcosa si rilassa?
Esplora in tutti i tuoi aspetti (mentale, emozionale e fisico).

Ora prendi un foglio e dividilo in due: sul lato destro scrivi cosa ha limitato la tua esperienza, quali convinzioni l'hanno influenzata senza giudicare il tuo operato (quello che hai fatto era il massimo che potevi in quel momento!).
Quando hai elencato sinceramente le tue convinzioni, sul lato sinistro scrivi ciò che faresti ora nel pieno delle tue potenzialità.
Ora rileggile una ad una ad alta voce dicendoti:
in quella situazione, per proteggermi da ..........  avevo creduto che .......... 
oggi so che posso essere me stesso/a e decido di ............

Senti cosa succede dentro te.

E' un esercizio semplice che ti permette di ancorare le tue doti e capacità.
Puoi fare anche di più: puoi rileggerle ogni giorno e vedere se cambia qualcosa nella tua vita.

Buona esplorazione!

 

Photo credits: things inside my head by blackjack0919, deviantart.com

Creatività e Resilienza hanno qualcosa in comune?


Senza creatività non c'è vita.
Philippe Petit

La resilienza è la capacità di affrontare e superare un momento traumatico o un periodo di difficoltà

Una palla di gomma è resiliente perché, anche sbattendo contro un muro a 100 all'ora, assorbe l'urto e non si rompe.
Per noi questo è impossibile: ci rompiamo sicuramente.
La nostra resilienza è la capacità di superare ostacoli e difficoltà, cadute e traumi.
La ricerca di serenità e di potere personale è un impulso naturale verso cui tutti tendiamo, e la resilienza è una dote del nostro essere.
Cadiamo e ci rialziamo, cadiamo ancora e ci rialziamo ancora... A volte, però, il precipizio è così profondo che risalire non è così facile e automatico.

Dobbiamo attingere a tutta la nostra forza e coraggio, a tutta la volontà e fiducia.

E se ancora non riusciamo ad uscire da quel buco, abbiamo la possibilità di chiedere aiuto.
Tanti credono che fare ciò sia indice di incapacità e di debolezza, invece, credimi: chiedere aiuto quando siamo in difficoltà è sinonimo di intelligenza, umiltà e, perché no, di resilienza!
Il tuo giudice interiore può non essere d'accordo: "la resilienza è un'altra cosa", suggerisce, ma credimi: è proprio così.
Se resilienza è quella capacità di trovare soluzioni quando apparentemente non ce ne sono, di agire nel momento attuale in modo autentico e costruttivo, se una mano è ciò che ci vuole, allora prendila!

La creatività è la capacità produttiva della ragione o della fantasia, talento creativo e inventiva

Spesso in seduta, quando incoraggio le persone ad attingere alla propria creatività, mi sento rispondere: "ma io non sono creativa!". BUGIA!!!!!!!

Come la resilienza, la creatività è una dote innata in ogni essere umano e non è appannaggio solo degli artisti.
E' vivere la vita con curiosità e fluidità come facevamo da bambini.
Creativo è colui che sa trovare nuove soluzioni, rinnovarsi in ciò che fa scoprendo vie nuove e mezzi nuovi.
La creatività, infatti, è la capacità di immaginare e di mettere in pratica idee e progetti, e lo fa seguendo l'impulso naturale della nostra Essenza che, agendo attraverso il sentimento, ha possibilità inventive stupefacenti.
E, siccome l'essenza vive nel "qui e ora", il creativo risponde in modo autentico alla situazione che sta vivendo senza far ricorso necessariamente alle memorie passate.

Che vuol dire?

Vuol dire che, se anche in passato abbiamo superato prove simili a quelle che stiamo vivendo ora, ciò che stiamo affrontando nel presente è assolutamente nuovo e nuova deve essere anche la risposta.
Se re-agiamo in modo automatico, come abbiamo imparato dalla nostra esperienza ed educazione, perdiamo l'occasione di essere autentici e creativi.

La memoria (veloce come un fulmine) ci fa re-agire.
La nostra forza e volontà - che sono due delle qualità primarie dell'Essenza - invece, ci fanno agire e c'è una grande differenza!
Re-agire è un'azione contraria - il più delle volte automatica e non vagliata dalla ragione - che va contro qualcosa e spesso si ritorce.
Agire ha in sé il concetto etimologico di condurre, guidare, ed è un'azione che va verso una risoluzione ed evoluzione.
Quindi essere creativi significa sperimentare se stessi in azioni nuove ricercando risposte feconde e inedite.

E questo cos'altro è se non resilienza?

Vuoi essere resiliente? Non ci si scappa: devi essere creativa!

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Vuoi approfondire?

Nel laboratorio di disegno onirico e psicodramma "Immagino e creo la mia vita" che sto organizzando nel mio studio a Villafranca nell'autunno 2018 affrontiamo questi temi.
http://www.counselart.it/immagino-creo-la-mia-vita/
Dagli un'occhiata e se ti piace partecipa.
Se abiti distante da Villafranca o da Verona e vuoi organizzarne uno nella tua città o associazione, scrivimi e vediamo cosa si può fare.
Ovviamente se sei lontana non posso venire tutte le settimane: possiamo però organizzare dei laboratori intensivi di una giornata.
Amo tantissimo questo lavoro e lo reputo il primo gradino per la propria evoluzione, quindi mi piacerebbe condividerlo con più persone possibili come contributo mio a un mondo più evoluto e cosciente.

Ciao e buona vita!

 

Photo credits: pixabay

Autonomia e senso di colpa 


Non c’è problema così terribile a cui non si possa aggiungere un po’ di senso di colpa per renderlo ancora peggiore.
Bill Watterson

Sembra assurdo ma purtroppo è vero

e non lo affermo dal pulpito, lo dico per esperienza diretta e per le esperienze che mi condividono i miei clienti.
Proprio pochi giorni fa, durante una seduta di counseling, è uscito il tema del senso di colpa e individualità, ma sfido chiunque a non averlo mai affrontato - io per prima.
Il tema volgeva intorno al rapporto con i genitori e in particolare sul desiderio di distacco da loro e le difficoltà che si incontrano nel renderlo possibile in modo naturale e fluido.
Renderci autonomi è un atto che si dovrebbe fare da giovani, e tutti noi in qualche modo l'abbiamo fatto: da piccolini nel momento in cui ci siamo resi conto che mamma e noi eravamo due persone distinte, fino all'adolescenza quando abbiamo fatto le nostre scelte e ci siamo affacciati al mondo.
Eppure, nonostante crediamo di essere autonomi, anche da adulti soffriamo per la nostra indipendenza.
Ti faccio un esempio:
metti caso che in questo momento, per qualsiasi ragione, tu non senta il desiderio di incontrare tua madre. Lei ti chiama, cerca un contatto, ti invita a un'incontro e tu non sai che fare. Il tuo amore o affetto per lei è insindacabile ma non sai come declinare l'invito per cui:
o racconti una bugia e non ci vai
o rispondi a monosillabi, accetti l'incontro e fai in modo che tutto finisca velocemente.
Alla fine dell'incontro tutto pare "filare liscio" ma qualcosa dentro di te stride ed ecco spuntare una sensazione strana nella pancia, nella testa o chissà dove altro (dipende da dov'è il tuo centro "preferito" di somatizzazione delle emozioni che reputi scomode).
Fai spallucce, bevi una tisana rilassante, ma il groppo rimane lì e la volta successiva si ripresenta tale e quale.

Cosa è successo?

E' successo che per amor suo, per non ferirla o per non farla preoccupare, sei scesa a un compromesso con te stessa e la cosa ti risulta assai fastidiosa.
Non tutti se ne rendono conto, purtroppo, e perpetuano questo tipo di comportamento, ma tu, se sei qui, forse vuoi capire e rompere questo schema illusorio di autonomia.

Torniamo al senso di colpa

Si è manifestato prima durante o dopo l'incontro?
Mi spiace dirtelo: è accaduto in tutti e tre i casi perché in tutti era presente un giudizio profondo che suggeriva qualcosa tipo: così come sei non vai bene.
1- Prima dell'incontro: se avessi detto di no a tua madre lei avrebbe potuto pensare che non le vuoi più bene e - vero o no - decidendo di fare la "brava bambina" hai sminuito il tuo valore anteponendo lei a te.
Sebbene la ragion comune suggerisca di essere generosi, questo comportamento non lo è affatto, se lascia quella sensazione di inadeguatezza.
2- Durante l'incontro: avresti  voluto essere da tutt'altra parte col risultato di arrivare a provare perfino rabbia nei suoi confronti incolpandola per la situazione fastidiosa che stavi vivendo.
La rabbia nasce dal giudizio che ciò che stai percependo non va bene, per cui è facile spostarla verso l'altro incolpandolo. Rivolgere la rabbia verso se stessi sarebbe troppo ingombrante se non addirittura doloroso - e questo lo facciamo miriadi di volte nella nostra vita.
3- Dopo l'incontro: hai sentito un leggero senso di rilassamento perché finalmente tutto era finito, ma dentro di te non eri in pace. Puoi aver provato affetto per tua madre scegliendo la soddisfazione di averla in ogni caso accolta, ma non eri soddisfatta di te perché in fondo in fondo hai mentito.
Questa menzogna, inconsapevolmente, ti rimane attaccata dando forza a quella voce interiore che ancora dice: non vai bene così come sei.
Lo vedi da te: in tutti i casi il senso di inadeguatezza e di giudizio è evidente.
Il senso di colpa è strisciante mentre il tuo valore finisce sotto i tuoi piedi e viene calpestato.

Perché permettiamo che accada tutto ciò?

Ti rispondo con le parole di Avikal Costantino dal suo libro" Libertà di Essere se Stessi":
Il senso di valore è probabilmente l'aspetto fondamentale attaccato al Superego (l'artefice di quella voce interiore di cui si parlava prima). (...) Attraverso una dinamica di controllo basata sui giudizi, pregiudizi, valori e criteri di comportamento definiti originariamente dai genitori, il giudice ti nega qualunque valore intrinseco. Nega il fatto che tu abbia valore semplicemente perché esisti, e afferma che vali solo se sei in un certo modo. Se sei come vuole tua madre, lei ti vuole bene e tutto è a posto ma, se non ti comporti in modo inaccettabile allora le fai male e probabilmente lei smetterà di amarti.
E' questo il punto fondamentale: lei smetterà di amarti!

La radice di tutto ciò è il bisogno di amore: di essere amata.

E questo bisogno è così profondo in ognuno di noi che non ce ne accorgiamo. Se facciamo attenzione, la maggior parte (se non tutte) le nostre relazioni si basano su questo bisogno e non solo quella con i nostri genitori.
Succede con gli amici, con i partner, con i colleghi di lavoro e... con i figli. Se fossi stata tu al posto di tua madre: avresti preferito conoscere la verità o saresti stata bene in un contesto come quello che abbiamo analizzato?
Probabilmente ti saresti sentita imbarazzata perché il tuo intuito avrebbe suggerito che qualcosa non stava andando per il verso giusto e allora avresti dovuto decidere se affrontare tua figlia dando voce a quell'intuizione, oppure avresti cercato di interpretarla trovando una giustificazione accettabile tipo "forse è stanca, lavora troppo", oppure ti saresti sentita spaccata fra il dar fiducia al tuo intuito o fingere di nulla.
Sì, certo, ti saresti potuta sentire triste di fronte al diniego di tua figlia,  ma la sincerità (anche se può far male) avrebbe dato a entrambe l'occasione di evolvere facendo i conti con i propri bisogni e il proprio valore, col risultato di poter finalmente relazionarti in modo autentico e leale.
Vedi: ogni volta che mentiamo agli altri e a noi stessi (che è la stessa cosa da un certo punto di vista) non permettiamo all'altro di conoscerci.
Offriamo un'immagine di noi che non è autentica e lo mettiamo nella situazione di doverci interpretare. E questo, purtroppo lo facciamo spesso.
Quante volte -e non lo nego: l'ho fatto io stessa un sacco di volte - abbiamo detto o pensato "se non capisci è inutile che te lo dica"?
Per un rapporto sano non c'è niente di più deleterio di questo!
Dare la responsabilità all'altro per cose che percepiamo, pensiamo e non diciamo è sempre opera di quel giudice che, per difenderti, sposta l'attenzione fuori di te incolpando l'altro.
Ma anche questa è un'illusione, lui è molto scaltro!
Infatti lì per lì puoi non sentire il suo attacco mentre suggerisce "tranqui: è colpa dell'altro" ma in realtà ti sta dicendo "sei una mezza sega" (permettimi il francesismo).

Quindi?

Quindi non ci si scappa!
Affrontare il giudice interiore è assolutamente necessario per riprenderti il tuo valore e per essere autonoma nel vero senso di indipendenza emozionale.
Non ti piacerebbe poter dire a tua madre: "mi spiace, mamma, ti voglio bene ma in questo periodo non sento il desiderio di incontrarti" senza sentire quel senso di colpa pressante e senza intaccare il tuo amore per te e per lei?
Se non comunichiamo chiaramente la nostra posizione, e quindi per primi non affermiamo il nostro valore intrinseco, il nostro comportamento lo suggerirà comunque, fornendo all'altro la necessità di interpretarci.
Per cui non lamentiamoci quando non ci sentiamo capiti.
E' nostra responsabilità farlo, non credi?
Finché crediamo vera l’idea che il nostro valore - e conseguente affermazione del nostro pensiero e delle nostre azioni - offenda o faccia soffrire l’altro, continueremo a manipolarci creando l’illusione di essere autonomi ma ci sentiremo costantemente in colpa.
Quindi, l'ho detto tante volte e lo ripeto, se è difficile per te percepire in tempo reale le tue emozioni, il modo per capire se stai subendo un qualsiasi attacco del giudice interiore è volgere l'attenzione al corpo: c'è tensione o rilassamento?
Prova subito: trova una situazione simile a quella sopra descritta. Prenditi un attimo di tempo e chiudendo gli occhi riportala con la memoria nel presente, qui e ora, e ascolta il tuo corpo.
Come stai? Analizza bene senza cambiar nulla e senza giudizio.
Cosa sta succedendo? Ci sono emozioni, sensazioni, tensioni? E se sì: dove sono? Cosa suggeriscono?...
Buona esplorazione

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Vuoi approfondire?

Nel laboratorio di scrittura che sto organizzando nel mio studio a Villafranca nell'autunno 2018 affrontiamo questi temi.
http://www.counselart.it/liberta-di-essere-chi-sono/
Dagli un'occhiata e se ti piace partecipa.
Se abiti distante da Villafranca o da Verona e vuoi organizzarne uno nella tua città o associazione, scrivimi e vediamo cosa si può fare.
Ovviamente se sei lontana non posso venire tutte le settimane: possiamo però organizzare dei laboratori intensivi di una giornata.
Amo tantissimo questo lavoro e lo reputo il primo gradino per la propria evoluzione, quindi mi piacerebbe condividerlo con più persone possibili come contributo mio a un mondo più evoluto e cosciente.
Ciao e buona vita!

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Indira Marcella Valdameri

Iscritta nei registri di categoria professionale SIAF:

Operatore Olistico Trainer cod. LO371T-OP
Counselor Olistico Professional cod. LO184P-CO

Professionista disciplinata ai sensi della legge n. 4/2013

Informative

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